Soddisfatti i partecipanti all’incontro “DDL Zan: la posta in gioco”, tenutosi il 12 giugno a Casalmaggiore al B&B ‘Al Torrione’. L’evento è stato organizzato dall’Associazione delle Famiglie Santo Stefano e sono intervenuti l’avvocato Francesco Fontana e il dottor Alberto Rigolli.
Il DDL Zan è uno dei fronti più caldi dell’attualità, e l’Associazione delle Famiglie Santo Stefano ha voluto organizzare un incontro pubblico per argomentare nel merito della questione. Un tema tanto delicato quanto spesso affrontato superficialmente tra slogan e rivendicazioni, e i promotori hanno cercato di contribuire al dibattito collettivo con interventi chiari e di qualità. La conferenza si è tenuta negli spazi aperti del B&B ‘Al Torrione’ di Casalmaggiore. Presenti un buon numero di partecipanti per ascoltare gli interventi dei due relatori, l’avvocato Francesco Fontana, presidente dell’Associazione Iustitia in veritate, e il dottor Alberto Rigolli, ginecologo e medico del Movimento Per la Vita.
Il primo relatore a prendere la parola è stato l’avvocato Fontana, il quale ha toccato gli aspetti giuridici del disegno di legge. «Il DDL nasce davvero da un bisogno reale? In primo luogo il nostro ordinamento giuridico tutela già i cittadini da ogni forma di discriminazione e violenza, indipendentemente dalle ragioni; in secondo luogo gli episodi effettivamente riconducibili ad intolleranza nei confronti delle categorie di persone che la legge intende tutelare sono davvero pochi». A tal proposito l’avvocato Fontana ha citato i dati dell’OSCAD, Osservatorio ministeriale sugli atti discriminatori, secondo il quale delle 1513 segnalazioni di atti discriminatori rilevate tra il 2010 e il 2018 soltanto l’1% sono riconducibili all’identità di genere. Perché allora creare un ulteriore recinto normativo etichettando le vittime di reati che sono già puniti dalla legge? E’ forse più grave insultare o aggredire una persona omosessuale rispetto ad una qualsiasi altra persona? «Dal punto di vista giuridico i reati sono puniti a prescindere da chi sia la vittima ed in questo senso è sbagliato classificarla. Un altro problema giuridico è la natura fattuale del diritto penale: ad essere punita è l’azione, non la situazione emotiva o il sentimento che ha portato al fatto» ha detto l’avvocato.
Inoltre, a detta degli stessi promotori, prendendo ad esempio il caso di un genitore che mettesse di discussione la scelta di un figlio di iniziare un percorso di transizione di genere, c’è la possibilità reale di finire in tribunale. L’articolo 4 infatti introduce la clausola che “Sono fatte salve la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee o alla libertà delle scelte”, ma precisa: “purché non idonee determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti”. Un giudice dovrà quindi stabilire se le opinioni espresse possano determinare un concreto pericolo di discriminazione. Per non parlare dell’assurdità di ribadire un principio – quello della libertà di espressione – che è già ampiamente tutelato dalla Costituzione.
«Nei paesi dove leggi come questa hanno già preso piede – ha continuato Fontana – l’ideologia già ampiamente diffusa è quella della fluidità totale di genere, veicolata nelle scuole e dai media fin dai primi anni di vita». Tale teoria è espressa palesemente anche dall’articolo 1 del DDL Zan, che definisce l’identità di genere come “l’identificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere, anche se non corrispondente al sesso, indipendentemente dall’aver concluso un percorso di transizione”. Lo scopo reale ma non manifesto di questa proposta di legge, approvata alla Camera nel mese di novembre, mentre tutti erano preoccupati di ben altre questioni e bypassando l’iter delle commissioni parlamentari, risulta quindi chiaro. L’imposizione a tutte le scuola della Giornata contro l’omofobia e transfobia ne è una conferma.
Anche il secondo intervento, quello del dott. Alberto Rigolli, è iniziato con un interrogativo: «Coloro che sono a favore di questo disegno di legge, sono davvero consapevoli dei contenuti della legge? C’è davvero bisogno di una legge del genere?» Stando alle dichiarazioni di ILGA, associazione internazionale che riunisce più di 400 gruppi omosessuali nel mondo, l’Italia è il paese più tollerante dopo l’Irlanda nei confronti del mondo LGBT. E’ naturale che sia così: l’accoglienza l‘attenzione ai bisogni dell’altro fanno parte dell’humus culturale del nostro paese. «Si tratta – ha proseguito il dott. Rigolli – di atteggiamenti che non possono essere insegnati con delle leggi, ma si trasmettono soprattutto in una relazione educativa. Ai giovani si deve testimoniare il rispetto di tutti, non di determinate categorie in modo particolare».
Da questo punto di vista il relatore ha individuato due dinamiche fondamentali in questo dibattito. Il primo luogo ha sottolineato la perdita del buonsenso. «Considerando tutti i problemi del nostro paese, che la pandemia ha pure amplificato, davvero questa proposta di legge è una priorità?» Il secondo filo rosso individuato da Rigolli, che collega legge sull’aborto, legge sulla fecondazione assistita, legge sul testamento biologico e legge Zan, è quello dell’autodeterminazione: ognuno deve essere libero di fare tutto quello che vuole. «E’ una filosofia che sta dietro a molte delle battaglie dei cosiddetti “nuovi diritti”, salvo che poi spesso gli stessi che si battono per l’autodeterminazione non accettano che qualcuno possa avere una visione diversa. Ne è un esempio il dibattito sulla legge Zan: chi la contesta è considerato omofobo».
Nel suo intervento il dott. Rigolli ha proseguito sottolineando la pericolosità del concetto di percezione, contenuto nel già citato articolo 1: «Ci rendiamo conto delle conseguenze che avrebbe sostituire il principio della realtà delle cose con quello della percezione? Come può la legge basarsi sulla percezione del singolo, che potrebbe anche cambiare da un giorno all’altro? E dove può portare questa visione antropologica, unita all’idea della totale autodeterminazione? Se ad esempio un uomo si sente donna e desidera avere un bambino, perché non dovrebbe averne il diritto?»
Un altro aspetto problematico è quello legato all’educazione: si vorrebbe che lo Stato, attraverso la scuola, insegnasse ai nostri figli queste tematiche, togliendole di fatto alla famiglia. »Ma certe corde intime dell’anima della persone, come la questione dell’identità e della percezione di sé, sono assolutamente della famiglia, non possono essere toccate da altri – afferma Rigolli -. È ai genitori che spetta parlare con i figli di temi che riguardano la sensibilità profonda dell’umano; il fatto che alcuni genitori non siano attenti a questi argomenti non è una giustificazione perché lo debba fare la scuola».
In conclusione il relatore ha fatto notare alcuni elementi secondari presenti nel disegno di legge. Chi denunciasse un altro in quanto si sia sentito discriminato avrebbe diritto al patrocinio gratuito, a differenza della persona accusata che dovrebbe pagarsi le spese legali; in caso di condanna l’accusato verrebbe punito anche con la revoca del passaporto e con la rieducazione in associazioni e strutture LGBT. «Tutte cose che mostrano, appunto, una perdita di buonsenso», sostiene Rigolli
«Siamo sicuri – si è chiesto alla fine il ginecologo – che coloro che sono a favore di questo DDL sarebbero davvero d’accordo, avendone conosciuto ed approfondito nel dettaglio il contenuto?» La certezza è che questo incontro abbia dato un contributo in tal senso, arricchendo il dibattito con argomentazioni e riflessioni nel merito.
Per approfondire l’argomento: Legge omofobia perché non va. La proposta Zan esaminata articolo per articolo, a cura di Alfredo Mantovano, 2021, Edizione Cantagalli.
A cura dell’Ass. Famiglie S. Stefano Protomartire