FINESTRE SULL’ARTE #2 – Fin dalle origini dell’arte cosiddetta cristiana, la figura di San Giuseppe ha occupato uno spazio particolare nelle scelte iconografiche di committenti laici ed ecclesiastici. Numerosa e variegata è stata la schiera degli artisti che, alternandosi nel tempo, ne hanno tratteggiato i lineamenti, disegnato gli abiti, interpretato i pensieri ed espresso le emozioni. Tra essi è degno di essere annoverato l’autore del dipinto che presentiamo.
Dalle fonti fin ora prese in considerazione, non emerge nessun dato sulla paternità dell’oggetto. Negli Inventari dei beni parrocchiali del 1931, 1935, 1940, 1947 e 1970, il donatore della tela venne confuso con l’autore, complice anche l’omonimia di questi con il celebre pittore minorita Francesco Antonio. A dare corpo a tale ipotesi fu soprattutto la lettura di un passo della Storia di Casalmaggiore dell’abate Giovanni Romani relativo alle opere eseguite da Francesco Antonio Chiozzi nell’anno 1754, in cui è scritto che «a sollecitazione poi del Padre Negrini, in allora procuratore del convento de’ Serviti della Fontana di Casalmaggiore […] gli dipinse un San Giuseppe che abbraccia il Bambino di grandezza naturale». Nel 1998, schedando l’opera, Ulisse Bocchi e Maria Adelaide Donzelli si dimostrarono contrari ad una simile attribuzione in quanto, effettuando un esame tecnico più attento, si evidenziavano tracce che spostavano la datazione dal Diciottesimo al Diciannovesimo secolo. Nella tela dall’ordito sottile tessuto a macchina, nella mastice e nel cretto ben distinti videro infatti segnali chiari della collocazione ottocentesca. A queste analisi, aggiunsero il dato cronologico ricavabile dalla targa commemorativa ed il fatto che Luigi Chiozzi ebbe tra i suoi amici Giuseppe Diotti. A dare credito all’idea di inserire l’opera nel catalogo dell’illustre artista casalese, furono radunati alcuni particolari riscontrati anche nella Madonna col Bambino ed i Santi Stefano e Giovanni Battista, opera autografa eseguita entro il 1815 per l’antica chiesa di Santo Stefano: «il panneggio ampio e svincolato, le mani arpeggianti ed i piedi». In riferimento a questi ultimi ed al volto, furono notate somiglianze con altre due tele diottesche conservate in collezioni private milanesi: il Riposo durante la fuga in Egitto e la Selezione dei neonati spartani (in essa fu inoltre rimarcata la figura centrale del vecchio con il bambino, assai vicina al soggetto della pala presente in Duomo).
Valutato e riconosciuto il positivo apporto critico fornito dalle indagini di Bocchi e Donzelli sulla storia del quadro, non possiamo tuttavia ancora definire raggiunta la “meta” di un’attribuzione che tolga ogni dubbio su altre proposte di autori. Rimangono infatti da sciogliere i nodi stilistici e tecnici che il quadro intreccia con l’Immacolata Concezione di Francesco Antonio Chiozzi, olio su tela di forma ovale offerto da Luigi Chiozzi nel 1858 in occasione dell’erezione dell’altare di Maria Immacolata da egli finanziato. Ma rimandiamo il problema alla sede più opportuna, non appesantendo l’attenzione del lettore con discorsi troppo articolati e specialistici.
di Sebastiano Fortugno