Pubblichiamo il saluto composto da un nostro parrocchiano al termine dei tre giorni di Visita Pastorale del Vescovo a Casalmaggiore e nelle nostre comunità parrocchiali dal 26 al 28 febbraio.
Eccellenza, carissimo Vescovo Antonio,
al termine di questa sua gradita visita di tre giorni le voglio esprimere un affettuoso ringraziamento a nome delle parrocchie di Santo Stefano e di San Leonardo in Casalmaggiore, dei loro sacerdoti, delle religiose e dei religiosi che vi operano. È stata una preziosa opportunità di crescita nella comunione ecclesiale, intesa come generosa disposizione interiore alla valorizzazione dei tanti carismi e ministeri presenti nella nostra Chiesa, ad una rinnovata capacità di collaborazione pastorale tra il Vescovo, i presbiteri, i religiosi e le religiose e tutti i fedeli laici. Mi piace pensare che le visite pastorali che lei sta conducendo nelle varie comunità della diocesi che le è stata affidata 5 anni fa, rientrino in quel processo di Sinodo nazionale dei vescovi, camminando a partire dal basso, comunità per comunità, diocesi per diocesi che papa Francesco ha rilanciato in maniera decisa nel suo discorso del 30 gennaio scorso.
Questa visita pastorale capita in un periodo storico straordinario perché inimmaginabile solo pochi mesi fa. La nostra comunità l’ha accolta con le ansie, i dolori e le incertezze di chi fa fatica a vedere una luce: ma la fede che ci ha riuniti qui oggi ci fa sperare che qui tra noi c’è quella luce. Per fede Abramo non esita ad offrire suo figlio Isacco e per amore Dio sacrifica suo Figlio per riscattarci dalla morte: di chi altri fidarci e in cosa altro credere in questo periodo pieno di dubbi? Negli incontri che ha avuto in questi giorni con le diverse realtà della nostra comunità avrà avuto modo di conoscerci un po’ meglio e avrà ritrovato dinamiche comuni a tante altre comunità della nostra diocesi: un cammino di comunione in atto da qualche anno tra le nostre due parrocchie cittadine, tante povertà aggravate dalla crisi economica in corso che rendono spesso difficile l’integrazione e l’accoglienza, una rete famigliare che fatica a reggere un peso sociale sempre più gravoso con la precarietà del lavoro, la gioventù (per la quale lei ha speso tanto della sua formazione) che sta perdendo occasioni meravigliose di vita rinunciando alle forme elementari di relazione e di contatto che prima e meglio di tanti canali social dovrebbero aiutarli a diventare adulti responsabili. Ha incontrato gli esponenti della nostra amministrazione cittadina e avrà avuto modo di verificare quanto si sta facendo per far fronte a queste emergenze. In mezzo a tante preoccupazioni non mancano notizie liete che fanno ben sperare: il distanziamento sociale e l’isolamento forzato hanno fatto emergere tanta generosità nel volontariato: la San Vincenzo, la Protezione Civile, la Croce Rossa, il Centro di Aiuto alla Vita, le ACLI il doposcuola in oratorio e tanto altro ancora sono ambiti in cui tanti cristiani vivono il Vangelo nella società.
Chissà che questa pandemia, questo periodo di forzata coabitazione nel chiuso delle nostre case, ci aiuti a ritornare a credere che è nella nostra casa, là dove abitiamo, tra le mura domestiche che Dio vuole abitare. Così come la suocera di Pietro noi siamo guariti per metterci al servizio: guariti dalla malattia o semplicemente guariti dalla nostra cecità che non ci fa vedere l’altro, dalla nostra presunzione di bastare a noi stessi. ciò che può fare da impedimento alla Grazia di Dio non è innanzitutto il male, ma l’atteggiamento di chiusura mentale con cui molto spesso guardiamo chi ci sta accanto. Solo deponendo il pregiudizio e le nostre convinzioni sugli altri potremmo vedere prodigi operati nel cuore e nelle vite di chi ci è accanto. Quando arriva il dolore della malattia o della perdita di una persona cara la fede rischia di andare in frantumi. Ci accadono cose che non ci siamo scelti, situazioni troppo grandi per le nostre piccole forze, e la barca della nostra vita è così sballottolata da una parte e dall’altra che ci sorge il sospetto che Dio esiste sì, ma dorme. Ci è difficile ragionare se non a partire sempre da ciò che sentiamo. Se sentiamo paura ragioniamo con paura. Gesù dice che la fede è disobbedire alla paura e ricordarsi di ciò che si crede anche quando non lo si sente. Credere è fidarsi di Gesù non della tempesta. Una bella frase di Gandhi ci aiuta a riflettere sul nostro modo di affrontare le avversità: «La vita non è aspettare che passi la tempesta, ma imparare a ballare sotto la pioggia».
Con franchezza dobbiamo porci questi interrogativi: perché Dio non mi guarisce, perché non mi sostiene, non mi aiuta? E’ difficile trovare una risposta che ci basti se non nel credere che c’è qualcosa di più importante della salute ed è la salvezza. Come la suocera di Pietro ci mettiamo a servire perché siamo dei salvati che possono trovare alimento solo nella preghiera e nel nostro metterci in relazione con Dio. E siamo dei salvati perché siamo amati.
di Silvio Paroli