Il lungo racconto della passione, che abbiamo ascoltato, ci introduce bene alla celebrazione della settimana santa e ci prepara a vivere i giorni santi della Pasqua di Gesù. E, allora, entrando in questa grande settimana, ci fa bene contemplare e tenere davanti agli occhi la disponibilità di Gesù, la sua radicale obbedienza, la assoluta gratuità del suo dono. Disponibilità e obbedienza che passano, che si realizzano dentro una grande contraddizione. Perché la morte di Gesù è e rimane una morte ingiusta e ingiustificata. Frutto di complotto e di menzogna, risultato di tradimento e convenienze. Se la guardiamo con i nostri occhi, se la guardiamo dalla parte dei nemici di Gesù, la sua morte è una grande ingiustizia. Eppure, Gesù non si ribella, non controbatte alle accuse false, non cerca una via di fuga. Rimane lì, rimane al suo posto. E fa della morte ingiusta il luogo della nostra salvezza. E, a me, questo fa pensare. Fa pensare che Gesù non ha risolto le contraddizioni della storia degli uomini, ma ci è stato dentro. Non ha cancellato la possibilità del peccato degli uomini, ma ne ha subito le conseguenze. Non ha eliminato la morte degli uomini, ma l’ha condivisa e attraversata. Si è fatto carico delle contraddizioni, del peccato, della morte. Ha portato il peso della nostra vita, con noi e come noi. Ed è questa solidarietà di Gesù che ci è dato di contemplare. È questa compagnia di Gesù, che non elimina contraddizioni e fallimenti, che non cancella morte e peccato, ma se ne fa carico, ecco, è questa compagnia di Gesù che ci incoraggia e ci sostiene a stare al mondo da credenti, ci dice che si può vivere da credenti. Cioè con la speranza che la pietra sigillata davanti al sepolcro non è, non può essere l’ultima parola. Non lo può essere per Gesù. E non può essere neanche per noi e per la nostra vita, che Gesù ha condiviso di cui – nella sua passione – si è fatto carico.