Durante il mese di maggio 2021 nelle nostre parrocchie si sono svolte le prime Comunioni. A piccoli gruppi, al mattino e al pomeriggio per due domeniche, i comunicandi si sono accostati all’altare e al Sacramento, ricevendo il Pane consacrato dalle mani del parroco Don Claudio: «La comunione è amarci gli uni gli altri».
Sono cinquanta i bambini e le bambine, divisi per gruppi, ad aver ricevuto il loro primo Sacramento della Comunione. Per due domeniche, il 2 e il 9 maggio, le parrocchie di Casalmaggiore hanno organizzato e celebrato questo nuovo momento comunitario. Parola sulla quale si è soffermato il parroco Don Claudio Rubagotti nelle omelie delle sante Messe vissute con i bambini di quarta e quinta elementare, insieme alle catechiste Lidia Bonfanti, Ada Brunoni, Chiara Chizzini, Fariba, Laura Zaffanella, Francesca Busi, Rossana Toscani e Anna Busi alla presenza dei genitori e dei parenti. Alcuni la faranno anche in ottobre; la scelta di disporre su più domeniche la prima Comunione è stata nel rispetto delle norme di distanziamento e per offrire a tutti la possibilità di vivere in modo più sicuro questo importante momento cristiano.
Lo Spirito Santo motore invisibile del cristiano
Don Claudio così ha provato a spiegare il senso della Comunione partendo dalla prima lettura, in cui Pietro visita la casa del pagano Cornelio e lo Spirito Santo scende su di lui. «Pietro capisce una cosa importante: non è lui a mandarlo, ma è lo Spirito Santo che si muove prima di noi. Che cosa impariamo? Dio agisce prima ancora dei cristiani. Questo non vuol dire che è inutile avere la Chiesa, il prete e il missionario; ma la prima cosa da tenere sempre a mente è riconoscere che il Signore ha già seminato. Se la Chiesa non impara a guardare come lo Spirito è già arrivato nella vita e nella realtà, noi rischiamo di non fare la volontà di Dio. E questo vale anche per noi grandi ma anche per voi bambini». Per questo, ha proseguito il parroco, «San Giovanni nel suo Vangelo ci dice che dobbiamo amarci gli uni gli altri come io vi ho mandato. Il modello dell’amore cristiano è Gesù. Lui è il modello del nostro amore. E il cristiano, cari ragazzi, è sempre un “bambino” che deve imparare da Gesù: a parlare, a vedere, ad amare». Ecco, allora, come in quel pane e in quel vino presenti sull’altare c’è tutto Gesù. «Per questo io spero che qualcuno di voi diventi prete. Se non ci fosse il prete, non ci sarebbe la messa della prima Comunione. Non ci sarebbe questo momento bello. Il prete serve proprio a trasformare quel pane e quel vino in Gesù. E, appunto, spero che qualcuno di voi un giorno risponda a questa grande chiamata».
La favola del mandarino
L’ultimo pensiero di Don Claudio dunque è sull’importanza di amarci in comunione, «in co-unione con lo Spirito Santo che trasforma il pane e il vino» raccontando, come di consueto nelle sue omelie, una breve ma efficace storia. «C’era nell’antica Cina un mandarino, una figura importante della cultura dell’epoca. Aveva addosso il profumo di mandarino e vestiva poi il colore mandarino. Essendo un uomo potente, un giorno disse all’angelo di voler vedere com’è la vita dopo la morte. E l’angelo lo portò con sé in un posto bellissimo, ampio e con ogni genere di cosa a disposizione. C’era poi una grande tavolata con tante cose da mangiare e, per ogni posto, le bacchette per poter mangiare; in Oriente si usa così. I bastoncini però erano lunghi tre metri. Ad un certo punto suonò una campana ed entrò una gente tutta scialba, triste e arrabbiata. Il mandarino disse: “Com’è possibile siano così magri, con tutto quello che c’è da mangiare?” L’angelo gli rispose: “Aspetta e vedrai”. Nel cercare di mangiare, infatti, i commensali cercavano di prendere le pietanze ognuno con la propria ‘bacchetta’, ma la lunghezza delle aste impediva loro di mettersi in bocca il cibo. Questo, oltre a non dare la possibilità di mangiare, faceva sì che le persone attorno al tavolo si colpissero tra di loro, arrabbiandosi moltissimo e usando poi le bacchette per darsele dietro. “Che brutto posto!” – esclamò il mandarino -, questo qui è l’inferno! Portami a vedere cos’è il paradiso”. L’angelo così lo portò in un altro posto bellissimo, sempre con una tavola imbandita con i ‘bastoncini’ lunghi tre metri già predisposti. Il mandarino però aveva timore di vedere ciò che stava per accadere. Suonò infatti una campana, ma stavolta entrò della gente bella rubiconda come me, felice. Si sedettero a tavola e iniziarono a mangiare. “Non vorrei vedere ancora quella scena crudele di prima”, si lagnò il mandarino. L’angelo disse: “Aspetta e vedrai”. Ed ecco, i commensali si aiutavano tra di loro passandosi il cibo con le loro lunghe aste, ringraziandosi e abbracciandosi tra una portata e l’altra, perché si erano aiutati a mangiare e a stare insieme. È una favola bellissima: tutti avevano la stessa stanza, lo stesso cibo e i ‘bastoncini’ lunghi tre metri. Ciò che è cambiato è la comunione. Se io tengo tutto per me, non riceverò nulla indietro. Sapete, c’è tanta gente arrabbiata con la vita e sola. La condivisione è quello che ci insegna Gesù. Noi non impareremo mai del tutto da Gesù, ma se ci proviamo come ha fatto lui, a vivere con questo spirito di comunione, qualcosa cambia. il paradiso comincia già ad essere su questa terra». Al termine della celebrazione, ogni comunicato ha avuto in dono un piccolo pensiero in ricordo di questo evento.
di Redazione
Fotografie di Federica Bini e Simone Ingusci