Sabato 18 marzo 2023 è stata celebrata nella chiesa di San Francesco la Messa in ricordo di San Giuseppe: ad accompagnare don Arrigo vi erano i papà ex chierichetti che, ormai da tre anni, ritornano in servizio per un momento di unione e ricordi.
Una Messa particolare quella di sabato 18 marzo e non solo perché si celebrava San Giuseppe ma anche perché molti papà sono tornati ad occupare i ruoli di chierichetti. Ormai, nella nostra comunità, ricordare in questo modo il Santo e festeggiare insieme la “festa del papà” è diventata una vera e propria tradizione. La Chiesa di San Francesco è stata la cornice di una Messa intensa che è stata accompagnata dai canti del coro Joy Voices diretto dal maestro Abele Zani. La bellissima serata si è conclusa presso l’Oratorio Maffei, in cui le famiglie hanno cenato e festeggiato insieme.
La riflessione di Don Arrigo sulla pagina del Vangelo e sulla figura di San Giuseppe: “Ci imbarazza non capire e non sapere, ma non ci imbarazza fare di Dio un vendicatore e non ci vergogniamo di attribuirgli i nostri modi di fare e di pensare”
“Continua la “quaresima delle domande” che abbiamo inaugurato domenica scorsa e che, insieme alla samaritana del vangelo, ci ha indicato la presenza di Dio da riconoscere nel crocifisso, nell’uomo che dona gratuitamente la sua vita per noi e per la nostra salvezza. E la lunga pagina del vangelo di Giovanni, che abbiamo appena ascoltato, si è aperta proprio con un’altra domanda: Chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco? Una domanda neanche troppo aperta. Una domanda in cui c’è già, in fondo, la risposta perché, in fondo, parlare di peccato significa già pensare che la condizione di cecità di quell’uomo sia una punizione, quasi una vendetta da parte di Dio. La cecità di quell’uomo imbarazza i discepoli di Gesù. La malattia, la sofferenza, il male del mondo e tutto quello che non riusciamo a capire e spiegare, tutto questo ci imbarazza perché ci impedisce di inquadrare tutto nei nostri schemi e nei nostri ragionamenti. L’imbarazzo dovrebbe, semplicemente, farci dire che forse non tutto è spiegabile, che forse non per tutto è necessario avere una soluzione, che forse non su tutto occorre avere una parola sempre pronta. E, invece, l’imbarazzo rappresenta una tentazione per l’uomo religioso perché di fronte a quello che ci sfugge, di fronte a quello che non abbiamo sotto controllo, di fronte a ciò che non corrisponde agli schemi normali rischia di farsi avanti la domanda imbarazzante alla quale corrispondono soltanto risposte pericolose: se è malato, qualcuno ha fatto qualcosa che non andava fatto, se il mondo va male, qualcuno se lo è meritato. Se l’umanità è vittima di catastrofi, beh forse, sotto sotto, si tratta di una punizione meritata. Ci imbarazza non capire e non sapere, ma non ci imbarazza fare di Dio un vendicatore. Ci imbarazza l’assenza di risposte, ma non ci vergogniamo di attribuire a Dio i nostri modi di fare e di pensare. Ci imbarazza scoprirci impreparati ma non siamo abbastanza umili per tacere. Io trovo, invece, interessante che – dopo aver posto la domanda imbarazzante – i discepoli non parlino più, si lasciano chiudere la bocca da Gesù. Forse anche questo potrebbe essere un digiuno quaresimale: rinunciare alle risposte e alle soluzioni azzardate e smettere di mettere in bocca a Dio quello che pensiamo noi; avere il coraggio di abitare le domande che sono le situazioni di vita che incontriamo, senza la fretta di dare risposte che giudicano, che escludono, che condannano. Perché in questo silenzio pensieroso si possa scoprire – come il profeta Samuele – che Dio ha scelto il più piccolo, l’ultimo arrivato, quello su cui nessuno avrebbe scommesso niente. Che è, poi, la vera risposta di Gesù. È la risposta che Gesù incarna e rappresenta: non la ricerca di un colpevole ma la manifestazione della gloria di Dio nella condivisione piena del mistero che è la vita dell’uomo, fatto anche di peccato, di sofferenza, di contraddizione, di cui Gesù si è fatto carico, fino a dare voce al grido dell’uomo che invoca salvezza.”
“A San Giuseppe affidiamo l’intera cristianità e tutti i papà, perché davvero il Signore possa custodire tutti quei padri che sono l’esempio di San Giuseppe e che portano avanti il progetto di Dio”
“Noi sappiamo bene che Giuseppe nei Vangeli non parla: nelle Scritture, soprattutto in Matteo, Giuseppe viene definito come uomo giusto, fedele alla legge di Dio, disponibile a compiere la sua volontà. Noi sappiamo che, nel silenzio, dopo il sogno dove emerge il pensiero di ripudiare Maria, lui la prende con sé. Giuseppe è l’uomo che vede in Maria l’opera di Dio. Allora vediamo che lui agisce, come gli aveva detto l’Angelo del Signore, per compiere la cosa giusta. Noi lo vediamo come il padre di Gesù, perché in lui si profila l’uomo buono, che guarda con coraggio e fiducia al futuro in quanto lui non sta seguendo il proprio progetto bensì quello di Dio. Giuseppe si affida completamente all’infinita Misericordia di colui che porterà la salvezza: a quest’uomo affidiamo l’intera cristianità e tutti i papà, perché davvero il Signore possa custodire tutti quei papà che sono l’esempio di Giuseppe e che portano avanti il progetto di Dio.”
La serata poi si è conclusa con una cena in Oratorio Maffei, durante la quale le famiglie hanno cenato insieme e guardato, tra una portata e l’altra, due simpatici video di Giovanni Scifoni sulla figura del papà, seguendo le storie di San Giuseppe e di Icaro e Dedalo.
Un ringraziamento speciale va fatto a tutti i papà che hanno aiutato Don Arrigo e Don Angelo durante la Messa, a tutte le persone che hanno lavorato in cucina per preparare la cena, a tutti i ragazzi che hanno servito e a tutte le persone che hanno preparato il salone, sistemando i tavoli e apparecchiando. Ultimo ringraziamento, ma non ultimo per importanza, va a tutte le famiglie che hanno partecipato alla Messa e alla cena, costruendo un’atmosfera davvero speciale.