MettiAMOci all’Opera #1 – Prima puntata della nuova rubrica con l’obiettivo di parlare di tematiche di attualità e che fanno parte della vita di tutti i giorni attraverso l’opera, per renderla anche attuale e suscitare interesse verso di essa. Si comincia con la Tosca, l’opera lirica di Puccini tratta da un romanzo dell’epoca ottocentesca.
La trama della Tosca
Siamo agli inizi del XX secolo. È proprio in questo periodo che viene composta Tosca, opera lirica in tre atti di Giacomo Puccini su libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica, ispirata all’omonimo romanzo dello scrittore francese Victorien Sardou pubblicato nel periodo storico e culturale ottocentesco. L’opera è ambientata nella Roma del 1800, dopo il fallimento della Repubblica Romana, quando lo Stato Pontificio sta catturando i rappresentanti e i sostenitori repubblicani.
In questo complicato clima politico, le vite del pittore Mario Cavaradossi e della sua amata Tosca si incrociano con quella di Cesare Angelotti, console dell’ex Repubblica Romana fuggito dalle prigioni papali di Castel Sant’Angelo e rifugiatosi nella chiesa di Sant’Andrea della Valle, dove sua sorella, la marchesa Attavanti, ha nascosto degli abiti femminili che gli permetteranno di passare inosservato. Nella stessa chiesa si trova anche Cavaradossi, intento a realizzare un affresco raffigurante la Maddalena. Questi si accorge della presenza, suo vecchio amico e anch’egli sostenitore di Napoleone Bonaparte, il quale gli rivela la propria situazione. Improvvisamente i due vengono interrotti da Tosca, che, riconoscendo nel volto della Maddalena le fattezze della marchesa, alla quale Cavaradossi si era ispirato ritenendola una devota della chiesa, fa una scenata di gelosia al suo amato, che a fatica riesce a calmarla e congedarla. Sulle tracce del fuggiasco c’è, tuttavia, il barone Scarpia, capo della polizia pontificia che, giunto in chiesa convinto di trovarvi l’Angelotti, trova invece un ventaglio con lo stemma degli Attavanti e riconoscendo anch’egli nel volto della Maddalena i tratti della stessa marchesa, si convince del fatto che Cavaradossi sia complice dei due fratelli. Per trovare Angelotti, che nel frattempo si era recato con Cavaradossi nella sua villa, Scarpia cerca di coinvolgere Tosca utilizzando il ventaglio per installare il dubbio nella mente della donna, suscitando così la sua gelosia. Il barone, infatti, non solo voleva trovare il fuggiasco, ma voleva anche avere Tosca tutta per sé. La donna credendo alle parole di Scarpia e convinta che l’amato la stia tradendo, corre alla villa convinta di cogliere i due sul fatto, ma una volta arrivata troverà solo Mario. Poco dopo però, giunge anche uno scagnozzo di Scarpia, il quale aveva fatto seguire la donna, e arresta Cavaradossi. Condotto a Palazzo Farnese, in seguito al rifiuto di rivelare al barone dove si trova l’Angelotti, questi lo conduce in una stanza e lo tortura. In quel momento sopraggiunge anche Tosca che, stremata dalle grida di Mario, confessa il nascondiglio dell’evaso. Nonostante ciò, Scarpia condanna Caravadossi a morte e Tosca, disperata, acconsente a donarsi a Scarpia che in cambio le promette di liberare Mario, a patto che questi firmi un salvacondotto che le permetta di fuggire da Roma con il suo amato. Con il salvacondotto firmato in mano, Tosca, anziché concedersi al barone, lo aggredisce e lo pugnala. Successivamente, Tosca confessa a Mario il suo crimine e le spiega il suo piano: tutto quello che dovrà fare Cavaradossi è fingere di cadere quando i soldati spareranno. La donna però non sapeva di essere stata nuovamente ingannata da Scarpia, che le aveva solo fatto credere che la fucilazione sarebbe stata simulata e i fucili caricati a salve. All’alba sui bastioni di Castel Sant’Angelo, Mario viene fucilato per davvero e Tosca, inseguita dai poliziotti che hanno scoperto la morte di Scarpia, si getta dagli spalti del castello.
La Tosca: una donna passionale, libera, religiosa
L’opera così profondamente drammatica ma, per quanto mi riguarda, la più suggestiva mai composta, venne rappresentata per la prima volta al Teatro Costanzi di Roma nel 1900 e suscitò molto scalpore per l’epoca, in quanto prima di allora non si erano mai viste in altre opere urla, violenze, un tentato stupro e un’uccisione in scena. Ma anche il ruolo di Tosca, donna profondamente passionale e follemente innamorata che, proprio per amore, arriverà a compiere un gesto estremo, non venne visto di buon occhio. Le donne in quell’epoca vivevano diversamente. Invece Tosca chiede rispetto per sé e per i suoi sentimenti, che non accetta i facili compromessi, che è disposta a mettersi in gioco fino all’estremo. «…O dolci mani, mansuete e pure…» le dirà Cavaradossi dopo aver appreso che ha ucciso Scarpia, «…mani elette a bell’opre pietose, a carezzar fanciulli, a coglier rose, a pregar, giunte, per le sventure…». Sì, quelle delicate mani hanno saputo con fermezza punire una duplice violenza: quella verso di lei, che, desiderosa solo di restituire la libertà al suo amato, si vede ricattata e trattata come “giocattolo del piacere” da parte del Barone Scarpia, e quella verso tutti.
Tosca rappresenta la donna libera – cosa non comune al tempo – gelosa e follemente innamorata del suo Mario, che sopporta le angherie di Scarpia, il capo della polizia che Mario Cavaradossi nell’opera descrive come «bigotto, satiro che affina colle devote pratiche la follia!», ed arriva ad ucciderlo per essere libera di vivere il suo amore. È proprio la libertà di Tosca ad essere compromessa dalla violenza e dalle minacce di Scarpia, che la ricatta per ottenere quello che più vuole: possedere la donna («Tu, a me una vita, io, a te chieggo un istante!»). La prepotenza e l’autorità di Scarpia nei confronti di Tosca simboleggiano il potere che gli uomini credono di poter esercitare sulle donne. La violenza verbale e le minacce del barone rappresentano ciò che le donne sono costrette a subìre da parte di quegli uomini che ritengono che esse siano loro “proprietà”, privandole così di quella dignità che ogni essere umano possiede, arrivando fino a considerarle come meri “oggetti”. In alcuni paesi ancora oggi la donna è considerata poco più di questo. In effetti, sono tantissime le donne in tutto il mondo che ancora oggi lottano per acquisire la parità di diritti fondamentali per la loro vita. Non a caso, i diritti delle donne e la parità di sesso sono ancora oggi temi al centro di continue discussioni anche nel nostro paese. Dobbiamo fare ancora molti passi avanti da questo punto di vista, come ad esempio la parità di salario e le quote rosa nel mondo del lavoro.
Ma Tosca è anche una donna religiosa. Nonostante sia un’artista e, come tale, stigmatizzata dal comune senso del pudore come una donna libera dagli schemi di perbenismo, che addirittura vive da concubina con il suo Mario, nel momento più drammatico a Palazzo Farnese a patire le angherie di Scarpia, Tosca invoca e prega il Signore di darle forza: «Sempre con fe’ sincera, la mia preghiera ai santi tabernacoli salì. Sempre con fe’ sincera diedi fiori agli altar. Nell’ora del dolore perché, perché Signore, perché me ne rimuneri così?» È grazie a questa preghiera laica che la donna trova la forza fisica e morale di compiere il delitto e pugnalare il suo aguzzino. Il rito religioso si compie anche nella scena della morte di Scarpia. Tosca, prima di fuggire, prende due candele che colloca una alla destra e una alla sinistra del corpo e stacca dalla parete un Crocifisso che religiosamente pone sul petto del suo carnefice, estremo gesto di pietà nei confronti della morte, anche di quella di un uomo spregevole come Scarpia.
di Giulia Vezzosi