Pubblichiamo l’intervista al restauratore Marco Sanguanini del “San Francesco stigmatizzato”, reso possibile grazie alla generosità dei soci del Lions Club Casalmaggiore. Il restauro in tutte le sue fasi è stato poi presentato nel Duomo di Santo Stefano al termine della messa. L’opera, risalente alla fine del millecinquecento e di autore ignoto, era collocata sopra il Cristo deposto.
Dottor Marco Sanguanini, quando ha ricevuto la tela in che stato di conservazione l’ha trovata?
Il dipinto si presentava in pessime condizioni di conservazione. Si è potuto notare da subito un’alterazione piuttosto significativa della materia pittorica ormai ricoperta da uno spesso strato di polveri e fumi grassi depositatisi per effetto della condensazione e da vernici ormai ossidate. Ad aggravare la situazione si è aggiunto un precedente restauro svolto in maniera poco ortodossa il quale aveva causato un ulteriore deterioramento generale dell’opera con conseguenti cadute di colore evidenti anche ad occhio nudo.
Dopo aver svolto una prima indagine visiva, che le ha permesso di valutare lo status conservativo, a quali esami diagnostici ha scelto di sottoporre il quadro?
Il restauro prevede inizialmente una fase di studio dei materiali per verificare l’effettivo stato di conservazione delle opere d’arte e per accertare la presenza di eventuali patologie in atto attraverso indagini diagnostiche non invasive. Gli esami eseguiti sul quadro sono stati cinque: l’esame di fluorescenza, la riflettografia infrarossa, la videomicroscopia, l’esame con luce radente e la transilluminazione.
Eseguite queste operazioni tecniche, si sono evidenziate emergenze in alcune delle componenti materiali dell’opera, come nella tela o nella pellicola pittorica?
Dagli esami effettuati sul dipinto si è riscontrata un’alterazione generale dell’opera con un sensibile processo di deperimento della tela in corso. Si sono potute rilevare grossolane integrazioni pittoriche mentre le stuccature non risultavano circoscritte alle lacune ma debordavano su buona parte della pellicola pittorica originale. Ad aggravare ulteriormente lo stato di conservazione del dipinto è stata una precedente foderatura al quanto inconsueta. Su di un supporto già molto fragile e sottile con importanti strappi e lacerazioni è stata utilizzata una tela non idonea e cucita in quattro parti con l’aggiunta di un’ulteriore ed impropria “pezza” incollata sul rintelo. Tutto ciò aveva causato un processo di crettature innaturali e sollevamenti pericolosi della superficie pittorica con conseguenti cadute di colore che necessitavano un urgente intervento di consolidamento e di una nuova e più efficace foderatura. Una volta messa in sicurezza, l’opera è stata sottoposta a pulitura controllata e integrazione pittorica.
L’organizzazione dell’operazione di restauro: quali priorità ha individuato e quali tecniche e strumenti ha adoperato?
Prima di tutto è doveroso specificare che tutte le indagini e le operazioni di intervento conservativo sull’opera, sono state eseguite recependo delle specifiche indicazioni e autorizzazioni da parte della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Cremona, Lodi e Mantova e della Curia Vescovile di Cremona. La piena e reciproca collaborazione tra le parti coinvolte, ci ha permesso di portare a termine un lavoro veramente complesso. Ogni operazione progettata e sviluppata ha sempre tenuto conto dei moderni criteri di compatibilità e reversibilità dei materiali di restauro per restituire all’opera l’originaria integrità estetica. Come da prassi consolidata, l’intervento realizzato ha mirato in primo luogo al consolidamento della materia di cui è composta l’opera per permettere la messa in sicurezza del dipinto. Terminata la fase più propriamente conservativa, sono stati eseguiti alcuni saggi di pulitura per definire il grado di rimozione degli strati depositati nel tempo. Tale pulitura è avvenuta mediante miscele di solventi in punta di bisturi indossando la visiera binoculare per consentire la massima precisione dell’asportazione selettiva. Infine si è poi individuata la procedura di reintegrazione pittorica più idonea per procedere con la fase del cosiddetto “restauro estetico” utilizzando la tecnica del tratteggio in “selezione cromatica”.
Quando ha concluso l’intervento di restauro, che immagino sia stato impegnativo, ha avuto l’impressione che l’opera che le stava difronte avesse un valore artistico di rilevante entità?
Il recupero di quest’opera si è rivelato un lavoro molto complesso e dal mio punto di vista altrettanto edificante. Ritengo il San Francesco un’opera importante per il territorio sotto l’aspetto storico, artistico e religioso per età, qualità e soggetto. Un dipinto di ambito cremonese databile attorno la fine del XVI secolo. Una curiosità interessante che ho reperito durante le fasi di studio che precedono l’intervento di restauro è stata quella del ritrovamento di un’analoga immagine del dipinto nella Chiesa Parrocchiale di S. Giovanni in Croce (CR): un olio su tela di Giulio Calvi detto “il Coronaro”, 1590 e proveniente dalla Chiesa di S. Zavedro. Con ogni probabilità, il soggetto del ritratto di quest’ultima proviene da un’incisione di Agostino Carracci eseguita nel 1586. Un giudizio più preciso circa l’inquadramento storico dell’opera richiede ulteriori ricerche e contributi interdipendenti di carattere storico-artistico.
di Sebastiano Fortugno