Anche quest’anno si è concluso il Triduo Pasquale, uno dei periodi più importanti dell’anno Liturgico. Di seguito si riportano le riflessioni di Don Claudio Rubagotti e Don Arrigo Duranti che ci hanno accompagnato dal Giovedì Santo fino alla Domenica di Pasqua.
La riflessione di Don Claudio Rubagotti sul Giovedì Santo: “Non bisogna pretendere chissà che cosa dalla vita, ma dobbiamo riconoscere il valore degli altri. L’amore per la vita ci conduce proprio su questa strada”
“Quando noi viviamo i momenti del Triduo Pasquale, abbiamo la tentazione di viverli come una routine, con il rischio di vedere sullo sfondo di queste celebrazioni una specie di film o di libro già scritto. È molto importante, invece, che noi fedeli entriamo in questa storia: nella lettera di Pasqua che vi ho condiviso ho utilizzato l’immagine della controfacciata della Cattedrale di Cremona, dove in mezzo a Gesù, a Maria e ai ladroni, il pittore inserisce uomini vestiti in modo attuale rispetto al suo tempo. Ed è proprio così facendo che gli uomini diventano protagonisti di quello che stanno celebrando. Quello che accade questa sera ci riguarda. Il primo gesto che voglio analizzare è il lavaggio dei piedi: Gesù raduna i suoi amici, non sotto la sua croce dato che in quel momento lo avranno già abbandonato tutti, e fa Pasqua con loro. Fa festa per i suoi amici. Prima che i suoi discepoli lo tradiscano, quindi, Gesù organizza una cena: ogni volta che entriamo in chiesa troviamo questa tovaglia, tipica del mondo mediterraneo, sull’altare. Se una persona dovesse sporcare di vino questa tovaglia, tutto l’insieme risulterebbe compromesso, persino la mia parte. La tovaglia mediterranea ci ricorda che noi condividiamo lo stesso spazio, che siamo seduti allo stesso tavolo. È questo che Gesù insegna ai suoi amici discepoli. E nonostante il fatto che Lui sa che essi lo tradiranno, lui lava loro i piedi, perché vuole farci capire che l’atto più importante durante la vita è quello di mettersi al servizio degli altri. Molte volte noi ci usiamo e non ci mettiamo al servizio del prossimo, anzi pretendiamo che sia questi a servirci. Il Maestro, invece, la pensa diversamente: non bisogna pretendere chissà che cosa dalla vita, ma dobbiamo riconoscere il valore degli altri. L’amore per la vita ci conduce proprio su questa strada. Durante la Messa, poi, avviene qualcosa di straordinario: Gesù si rende presente in quel pane e in quel vino durante l’Eucarestia, che significa “dire grazie”. Infatti, l’elemento più importante non è tanto la parola del prete o la musica o il coro, bensì quel pane che diventa tutto Gesù. Ci può essere anche la chiesa più povera, il coro più stonato, il prete più lagnoso ma durante l’Eucarestia, sia che siamo in un garage o presso San Pietro a Roma, Gesù si rende presente tramite quel pane e quel vino. È questo il fine più grande.”
Le parole di Don Arrigo Duranti durante la Via Crucis: “La Pasqua la sentiamo di meno e di conseguenza facciamo fatica ad avere speranza nella risurrezione, forse perché facciamo fatica a capire la morte e soprattutto la vita dopo di essa”
“Pensando al Triduo che stiamo vivendo, voglio condividere con voi due riflessioni. Se ci pensiamo, per un motivo o per un altro noi fedeli siamo più legati alla figura di Gesù che viene al mondo, quindi al Natale. Dal presepe alle raffigurazioni orientali di Maria incinta, la storia della chiesa ci fa capire quanto l’umanità sia legata di più al Natale. Pensavo, però, che anche la morte di Gesù, e non solo la sua, è un argomento che intercetta le nostre vite: eppure la Pasqua la sentiamo di meno e di conseguenza facciamo fatica ad avere speranza nella risurrezione, forse perché facciamo fatica a capire la morte e soprattutto la vita dopo di essa. San Paolo consegna un versetto molto semplice ai primi cristiani che dice: “Se moriamo con Lui, risorgeremo con Lui”. Semplicemente, ci suggerisce di stare con il Signore. Questo non vuol dire che la nostra vita si debba fermare, ma significa che essere cristiani oggi comporta il cercare con la nostra vita un qualcosa legato a Gesù. Domani sera ci sarà la Veglia Pasquale, da cui tutta la nostra vita di fede parte: il mio consiglio, quindi, è quello di vivere bene questi giorni e queste celebrazioni che il Signore ci consegna.”
L’omelia di Don Claudio Rubagotti durante il Venerdì Santo: “In un periodo storico in cui sembra così insignificante esistere, il Vangelo ci annuncia che Cristo è talmente vivo che mi ritiene degno della sua stessa vita, della sua stessa morte”
“Ieri abbiamo visto l’immagine del Signore che ci invita a cena, alla festa della vita, nonostante noi siamo incostanti e traditori come i suoi discepoli. Ieri, inoltre, abbiamo capito quanto sia importante dare e servire gli altri. Oggi, questo amore per la vita diventa l’espressione del dono della vita stessa: Cristo ha donato la sua vita per me, per noi. Basterebbe questa consapevolezza per essere degni di questa nostra esistenza. Noi a volte siamo in cerca di attenzione dagli altri, siamo in cerca di affermazione: il Signore ci afferma la cosa più grande, il dono dell’amore per la vita. Basti pensare all’immagine del “sangue ed acqua” dell’evangelista Giovanni, che ci ricorda il parto di una donna, uno dei momenti più vicini alla morte e Cristo partorisce la vita per noi, la sua morte diventa la mia vita. In un periodo storico in cui sembra così insignificante esistere, il Vangelo ci annuncia che Cristo è talmente vivo che mi ritiene degno della sua stessa vita, della sua stessa morte. Non c’è un amore così grande: questo è il più grande insegnamento che ci portiamo a casa. Il Giovedì Santo, inoltre, ci ha insegnato a non essere spettatori ma entrare nella scena della Pasqua. Anni fa, ho avuto la fortuna di partecipare alla Settimana Santa in alcune città della Sicilia: è qualcosa di fantasmagorico, inimmaginabile. Eppure, tutto questo non basta: è vero, sono coinvolte le mie viscere, il mio cervello, ma rimango uno spettatore. Quand’è che diventiamo protagonisti? Quando quella morte di Cristo coinvolge le nostre vite, quando quell’innocenza sacrificata coinvolge i nostri cari, quando quella brutalità coinvolge le nostre esistenze. Questo ci basta? Non lo so. Perché le cose non potrebbero andare diversamente? Perché un sacco di persone buone muoiono e quelli che seminano il male vivono tranquillamente? Perché, perché, perché? Domande inutili. Per noi credenti, il Signore non si è posto delle domande ma si è fatto uomo, si è fatto morte anche per noi. Ci ha raggiunti. Ci basta questo? Non lo so. Sicuramente a lui basta che noi siamo vivi per salvarci nella salvezza eterna.”
Il piccolo pensiero sul Sabato Santo di Don Claudio Rubagotti: “Dio, diversamente dall’uomo che fa sempre i suoi calcoli, vede la vita come un qualcosa di enorme, di stratosferico, di abbondante. E la Bibbia, che possiamo vedere anche come libro violento e crudele, ci fa vedere il modo in cui Dio ci raggiunge”
“Abbiamo ascoltato tante letture e abbiamo cantato tanto. Inoltre, abbiamo acceso un grande fuoco: insomma, è tutto una grande esagerazione! Questa esagerazione ci dice una cosa molto importante: Dio, diversamente dall’uomo che fa sempre i suoi calcoli, vede la vita come un qualcosa di enorme, di stratosferico, di abbondante. E la Bibbia, che possiamo vedere anche come libro violento e crudele, ci fa vedere il modo in cui Dio ci raggiunge. Noi siamo chiamati a diventare i protagonisti: siamo in quel tempo e in quel giorno, che inizia la sera e finisce la sera dopo, che siamo chiamati a vivere. La vita è essere creati a somiglianza di Dio: noi siamo sempre alla ricerca di chissà che cosa e invece è già scritto tutto, e Dio si è fatto uomo per sancire questa somiglianza. La vita è la capacità di entrare nella morte ed essere più grande di quest’ultima. Quindi, non abbiate paura di vivere, perché quello che stiamo celebrando è il Signore della vita. Non abbiate paura di fare scelte, perché tutto il messaggio cristiano è una scelta, una scelta di vita.”
Don Claudio Rubagotti la Domenica di Pasqua: “La Pasqua è proprio questo: riprendere in mano il mio corpo, la mia esistenza, decidere se essere clienti di questi spacciatori di morte oppure scegliere Cristo, che ci fa capire l’importanza dell’essere vivi”
“Con la Veglia di stanotte siamo entrati nel tempo della Santa Pasqua. Molte sono le riflessioni che abbiamo fatto durante il Triduo. Abbiamo ricordato la controfacciata della Cattedrale di Cremona che ci dice, tramite quegli uomini che sono stati raffigurati con abiti contemporanei al pittore che guarda la scena, che quello che sta accadendo ci riguarda. Il Giovedì Santo, Gesù ci invita a tavola e colgo l’occasione per ricordare l’immagine della tovaglia mediterranea, una tovaglia che condividiamo l’uno con l’altro. E Gesù chi invita? I traditori e i peccatori, e noi siamo parte di questa umanità. È lui il festante, non perché siamo ragione di festa e ci invita a chiederci che cosa possiamo fare per gli altri. Il Venerdì Santo, Gesù ci ha detto che la mia vita merita la sua vita, perché lui ha apprezzato la nostra esistenza. Sorge spontanea una domanda: e la Pasqua cos’è? La Pasqua è il tifo che il Signore fa per la vita, in un’epoca di spacciatori di morte, spacciatori di paura. Queste mentalità, purtroppo, sono diventate cultura. Cristo, però, è un fan della vita e ci dimostra il suo amore per la vita talmente tanto che risorge dopo la morte. E risorge con un corpo bellissimo. La Pasqua è proprio questo: riprendere in mano il mio corpo, la mia esistenza, decidere se essere clienti di questi spacciatori di morte oppure scegliere Cristo, che ci fa capire l’importanza dell’essere vivi.”